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Audra Bertolone2020-03-31 11:56:342020-03-31 11:56:34Coronavirus e circolazione in auto
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Frenata assistita: un deciso passo in avanti per la sicurezza stradale
Nonostante le misure adottate negli ultimi anni in tema di sicurezza stradale siano state molte, il numero di morti e di feriti provocati dagli incidenti stradali non è diminuito secondo le previsioni. Da qui è nata la decisione, da parte della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (Unece), di velocizzare il processo verso l’obbligatorietà della frenata assistita. Ne hai già sentito parlare? Tuttavia, ritieni le informazioni in merito a tale sistema piuttosto frammentarie? Continua a leggere per saperne di più.
Cosa ci attenderà nei prossimi anni: gli obiettivi perseguiti dalla Ue
Questa vera e propria svolta, fortemente voluta dalla Ue, porterà entro il 2022 all’adozione della frenata d’emergenza assistita su tutti i veicoli oggetto di nuova omologazione. E, trascorsi due anni da tale data, qualunque nuova auto immatricolata dovrà presentare questo sistema di frenata per poter essere venduta. In pratica, in caso di pericolo (leggasi un ostacolo che si para improvvisamente sulla strada), l’auto si arresterà automaticamente.
Ad oggi, di tutti i veicoli circolanti nei diversi Paesi Europei, solamente il 21% sta già sfruttando tale tecnologia innovativa.
In base agli studi effettuati finora sugli indicenti stradali, l’estensione a tutte le nuove vetture porterebbe ad una riduzione degli incidenti per una percentuale prossima al 27%; tradotto in numeri, la diminuzione di morti stradali sarebbe nell’ordine delle 8.000 unità.
In cosa consiste la frenata d’emergenza assistita e quando entra in funzione
Qual è il fattore che, più di ogni altro, ha contribuito fino ad oggi ad aumentare il numero degli incidenti? La distrazione alla guida. Se lo ritieni improbabile considera che, in realtà, rappresenta un fenomeno frequente, soprattutto quando un veicolo viene condotto a velocità basse su strade urbane, o in condizioni di traffico elevato. Ed è proprio in tali occasioni che i sistemi Aebs sono in grado di intervenire con efficacia. In primis evitano i tamponamenti tra i veicoli, ma riescono anche a monitorare la vicinanza del veicolo (o del pedone) che precede l’auto. Valutato il rischio di collisione a scattare è un apposito allarme. Sia visivo che sonoro, tale allarme si prefigge l’obiettivo di avvisare il conducente. Qualora quest’ultimo non sia pronto a reagire, sarà la frenata d’emergenza ad entrare in funzione.
Anche nei casi in cui l’impatto sia inevitabile, avere in dotazione questo sistema è comunque positivo, limitando i danni derivanti dall’incidente. D’altro canto, la frenata d’emergenza ha tempi di reazione notevolmente ridotti rispetto a quelli di un essere umano, indipendentemente dall’esperienza di guida maturata.
Alcune indicazioni tecniche sul nuovo sistema
Finora abbiamo indicato obiettivi e funzionamento della nuova tecnologia. Entrando nei dettagli, occorre indicare come, a garantire la corretta gestione del meccanismo, è un sistema piuttosto complesso che ha nella presenza di una serie di sensori l’elemento cardine. Sono proprio i sensori a rilevare, in modo continuo, la velocità di crociera del veicolo e, allo stesso tempo, la presenza eventuale di ostacoli sul senso di marcia. Gli stessi sensori, per svolgere il proprio lavoro, fanno affidamento su 2 ulteriori elementi, posizionati nella parte frontale del veicolo: radar e telecamera.
La frenata d’emergenza assistita dunque incrementa la sicurezza dei nostri spostamenti in auto. Ti ricordo inoltre che, a proposito di sicurezza, puoi scaricare la guida gratuita che ho preparato per te e che anche la condizione degli pneumatici possono influire notevolmente in caso di frenate brusche ed improvvise.
Se sei abituato a guidare quotidianamente una vettura, con ogni probabilità avrai sentito parlare, nel corso degli ultimi anni, del “decreto ruote”, una misura adottata per modificare alcune delle regole relative all’omologazione di cerchi e gomme. Considerando le difficoltà di applicazione di quanto previsto dalla nuova normativa, un riepilogo di quanto accaduto dal momento della sua introduzione potrebbe essere utile, in futuro, per evitare di incorrere in eventuali sanzioni.
Cosa si intende per decreto ruote
Entrato ufficialmente in vigore il 1° ottobre 2015, il D.M. 20 del gennaio 2013 si è posto come obiettivo di partenza la regolarizzazione in tema di immissione degli pneumatici sul mercato. Con tale decreto, a partire da ottobre 2015 diveniva conforme unicamente l’installazione di cerchi per automobili omologati NAD (omologazione rilasciata dal Ministero dei Trasporti) o UN/UCE 124 (omologazione europea).
L’applicazione di tale misura era ormai divenuta una priorità, vista l’abitudine di un numero sempre maggiore di automobilisti, al momento della sostituzione del treno gomme, di ignorare le indicazioni fornite dai produttori in merito alla capacità dei veicoli di “sopportare” pneumatici di dimensioni maggiorate.
La strada tortuosa affrontata dal decreto: i principali dubbi in merito
Nell’arco dei 3 anni trascorsi dall’introduzione del decreto sono emerse alcune problematiche. I produttori più virtuosi, ossia quelli da sempre attenti a rispettare le normative, hanno incontrato difficoltà inattese nel conformarsi alle nuove disposizioni. A trarne giovamento, invece, sono stati proprio quegli operatori che, già in precedenza, agivano al di là di quanto previsto dalla legge italiana.
Innanzitutto, occorre tenere presente i costi da sostenere per omologare le gomme al NAD. Sono i piccoli produttori ad aver risentito maggiormente di questa problematica, tanto da rinunciare, in diversi casi, a vendere le gomme in Italia; questo a tutto vantaggio dei 3 produttori più rinomati del settore.
Controlli e sanzioni
Contrariamente a quanto sperato i controlli si sono rivelati poco efficaci. Allo stesso tempo le sanzioni indicate sono state applicate in modo non soddisfacente. Inizialmente erano previste per i guidatori alla guida di veicoli dotati di ruote non conformi, e nei confronti dei produttori che commercializzano pneumatici non omologati.
L’ammontare delle sanzioni amministrative era compreso tra i 164 e i 663 euro per le aziende che importano, producono o vendono materiale non conforme al sistema di omologazione. Durante un controllo, eventuali irregolarità prevedevano la confisca (e relativo sequestro). Per quanto riguarda gli automobilisti, l’assenza a bordo della documentazione comprovante l’omologazione portava ad un’ammenda variabile tra i 41 e i 169 euro. Tali cifre erano destinate ad aumentare notevolmente in caso di successiva mancata consegna degli stessi documenti (in assenza di giustificato motivo). Il ritiro della carta di circolazione era la misura estrema, applicata per mancato adeguamento.
Chi opera nella legalità, vista la mancata applicazione delle sanzioni, si è venuto a trovare a far fronte ad una situazione frustrante. E’ da queste mancanze che è sorta la necessità di apportare alcune modifiche. Ciò è avvenuto per mezzo di un apposito aggiornamento. A stabilire le norme di attuazione del precedente decreto, infatti, è stata la circolare prot. 1622 RU che ti consiglio di consultare per maggiori informazioni.
Quando pensi ad un prodotto ecologico, probabilmente immagini un oggetto che abbia scarso impatto ambientale, realizzato utilizzando fonti rinnovabili e che possa essere riciclato. In quest’ottica, è difficile pensare agli pneumatici come un prodotto ecologico: la maggior parte di essi è costituita di materiali di derivazione petrolifera, contiene metalli pesanti ed è difficilissima da smaltire, diventando un rifiuto ingombrante, inquinante e infiammabile.
Per fortuna, grazie alla diffusione di un maggiore interesse per il benessere del nostro pianeta, da qualche tempo anche le grandi case produttrici di pneumatici si sono dedicate alla creazione di gomme ecologiche, che ormai sono piuttosto comuni.
Ma cos’è che rende uno pneumatico davvero ecologico, i ridotti consumi, la sua composizione a base di prodotti non inquinanti o entrambi?
Pneumatici ecologici ed efficienza energetica
Non sono solo gli elettrodomestici ad avere un’etichetta che mostra il loro livello di efficienza. Anche gli pneumatici, infatti, vengono classificati in 7 fasce, dalla A alla G, in base alle emissioni di CO2 per chilometro percorso. Ma cosa c’entrano le gomme con le emissioni di anidride carbonica? Moltissimo, in realtà: parte dell’energia prodotta dal motore viene infatti “assorbita” dall’attrito tra la superficie della gomma e il manto stradale. Più attrito c’è, maggiori saranno i consumi e, di conseguenza, le emissioni. I pneumatici ecologici sono quindi quelli che oppongono meno resistenza al rotolamento e rendono la tua auto più aerodinamica, per la felicità dell’ambiente e del tuo portafogli. A parità di chilometri di viaggio, uno pneumatico di classe A può farti risparmiare il 7,5% di benzina rispetto a uno di fascia G. L’etichetta sui cui è indicata l’efficienza delle gomme, inoltre, mostra anche la classificazione relativa all’aderenza sul bagnato, fattore cruciale per la sicurezza.
Gli pneumatici “verdi”
Produrre degli pneumatici efficienti non è l’unico modo per avere delle gomme ecologiche. Oltre all’aerodinamicità, infatti, bisogna considerare anche la miscela con cui gli pneumatici sono fatti, con l’obiettivo di eliminare i derivati del petrolio e sostituire la provenienza della gomma. La gomma degli pneumatici è infatti di origine naturale, ma deriva da una pianta, la Hevea brasiliensis, il cui habitat è minacciato. La gomma ecologica di invenzione più recente, messa in commercio dalla Continental, è invece a base di tarassaco, una pianta spontanea della stessa famiglia del nostro dente di leone. L’utilizzo della gomma proveniente dalle radici di tarassaco ha molti vantaggi dal punto di vista ecologico: la pianta può essere coltivata in terreni precedentemente non utilizzati, anche a poca distanza dagli stabilimenti di produzione, riducendo quindi l’inquinamento dovuto al trasporto della materia prima, ed è pronta per la raccolta in soli 2 anni, invece dei sette della Hevea. È in fase di sperimentazione anche l’utilizzo dell’amido di mais al posto della silice e del nerofumo, che renderebbe il prodotto finale compostabile e biodegradabile, a differenza degli attuali pneumatici, che impiegano circa 100 anni per decomporsi.
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